Canzoni si o canzoni no nella lezione di lingua straniera? Strumenti
efficaci e validi o semplici momenti di svago da offrire agli studenti
per liberare la mente da ogni pensiero? Vent’anni fa la risposta a questi
quesiti propendeva, senza alcun dubbio, per una soluzione negativa del
problema che, in tal modo, cessava subito di essere tale, lasciando sopito
tutto quel ricco potenziale insito nelle canzoni. Esso è stato poi
fortunatamente recuperato e sempre più valorizzato grazie ad un
nuovo approccio sviluppatosi in seguito all’affermarsi di nuove scienze,
quali l’etnografia della comunicazione e la linguistica testuale. In base
ad esse, la canzone è diventata un vero e proprio ”genere comunicativo”
che chiama in gioco tutta una serie di componenti che ne mutano e rivalutano
l’utilizzo nel campo dell’insegnamento delle lingue straniere.
Questa nuova prospettiva evidenzia come la canzone, nel momento in
cui viene proposta, attivi un processo specifico in cui il messaggio poetico
viene simultaneamente trasmesso da un locutore e ricevuto da un destinatario.
In altre parole, il momento dell’esecuzione viene visto come fondato su
questo stretto scambio di apporti tra un Io parlante ed un Tu che ascolta.
A tale proposito alcuni autori sottolineano come l’interprete, per
mezzo di vari elementi verbali ed extra-linguistici, porga all’ascoltatore
dei veri e propri stimoli che lo mettono in grado di giungere alla comprensione
del testo. In altre parole, l’interpretazione di una stessa canzone può
variare per scelte diverse da parte dell’interprete quali, ad esempio,
il bisogno di adattare il testo alla propria personale esperienza o al
contesto sociale in cui vive oppure per propria volontà di non ripetersi
o ancora per venire in contro alle aspettative del pubblico.
Tutto ciò può tradursi concretamente in un cambiamento
dell’esecuzione vocale, della melodia che, ad esempio, può cambiare
se la canzone viene portata in un altro paese e, non ultimo, si può
manifestare in veri e propri cambiamenti nel vocabolario e nella sintassi
del testo. Questi ultimi possono essere determinati dal desiderio di adattare
una canzone ad un contesto specifico nel quale l’esecuzione ha luogo, dalla
necessita di rimuovere difficoltà semantiche che di solito si presentano
nelle canzoni tradizionali oppure dalla necessita di recuperare ritmi e
suoni che si sono alterati nel tempo.
Per influenza di tutti questi fattori il testo, che costituisce di
per sé un qualcosa di astratto, perde la propria astrattezza e svela
il proprio carattere di flessibilità che può essere percepita
in ogni singola esecuzione creando, di volta in volta, un effetto diverso
nell’ascoltatore. Da parte sua quest’ultimo riveste un ruolo che contribuisce
non meno di quello dell’interprete a costituire l’esecuzione, egli fa parte
dell’esecuzione e giunge alla comprensione del messaggio trasmessogli non
solo grazie ai molteplici input fornitegli dall’interprete, ma anche guidato
dal proprio mondo, dalla propria esperienza dotando la canzone di un ulteriore
personale significato aggiuntivo. Questo fattore sembra essere confermato
dalla constatazione che nella maggior parte delle canzoni moderne si manifesta
la totale assenza di interlocutori specifici ed identificabili, mentre
è evidente l’alto uso del pronome personale di prima persona singolare.
Esso viene reso dall’esecuzione abbastanza ambiguo da attenuarne il valore
referenziale nella mente dell’ascoltatore che non lo percepisce come completamente
appartenente al locutore.
Ecco che allora le parole diventano sufficientemente impersonali da
far sì che ogni ascoltatore le avverta come proprie, come espressione
della propria esperienza.
Questa particolare personale appropriazione da parte dell’ascoltatore
viene poi facilitata e sostenuta anche da altre caratteristiche presenti
nelle canzoni quali: l’alto uso di verbi senza persona espressa che, apparentemente
sono in prima persona, e l’alto uso del presente semplice, che sembra agire
disancorato dal tempo. Questo fa si che una canzone divenga presente ogni
volta ed ovunque la si ascolti.
In considerazione di questi aspetti Murphey (1990), la cui opera rappresenta
uno degli studi più attenti e validi sul ”discorso delle canzoni”,
ritrova una certa affinità tra il genere canzone e la conversazione
di ogni giorno, ma nello stesso tempo, puntualizza come le canzoni non
possono essere viste come conversazioni nel vero e proprio senso della
parola. Esse posseggono una qualità pseudo-dialogica poiché
noi abbiamo accesso solo ad una parte della conversazione, sembrano mirare
a descrivere sogni idealizzati o pure intenzioni nell’agire, mentre questo
accade in misura minore nella conversazione ed infine si presenta in esse
la mancanza di precisi referenti di luogo e tempo che stimola un’interpretazione
degli stessi da parte dell’ascoltatore influenzata dalla propria situazione
d’ascolto per cui vengono identificati con il qui e l’ora della situazione
di enunciazione.
Per quel che riguarda le procedure attivate dall’ascoltatore nel processo
di percezione ed interpretazione di una canzone, egli è aiutato
da alcune componenti della stessa quali la melodia, la rima, la ripetizione
e la ridondanza.
In riferimento al primo elemento, pur nel riconoscimento della differenza
tra linguaggio parlato e linguaggio cantato, tra modello intonativo del
primo, che consiste in un complesso sistema di suoni che fluttuano costantemente
dall’alto al basso a seconda delle caratteristiche individuali e delle
personali sensazioni, e la curva melodica del secondo, che segue uno sviluppo
graduale rappresentato dalle note musicali, una somiglianza tra i due sistemi
può comunque essere trovata. Un’intonazione ascendente nel linguaggio
parlato indica un incremento d’enfasi e spesso corrisponde con una curva
melodica ascendente nella canzone che annuncia l’approssimarsi di un punto
cruciale che l’ascoltatore deve ricordare per comprendere il testo.
La rima poi dimostra essere un altro strumento utile nell’aiutare l’ascoltatore
a riconoscere ciò che è più importante per la sua
comprensione di una canzone. A tal proposito la Licari (1983), la cui opera
costituisce un’altra seria indagine sulla natura delle canzoni come genere
comunicativo, ricorda che nella procedura di congiungimento di un testo
con una melodia, i tempi forti e le note lunghe possono essere usati per
mettere in evidenza certe parti del testo.
L’ascoltatore ode queste parti per prime e le ricorda più a
lungo.
Le parole in rima possono anch’esse essere enfatizzate in questo modo
e vengono a costituire uno schema guida che aiuta l’ascoltatore nella comprensione
della canzone e ne riassume il messaggio. L’uso del ritornello che caratterizza
molte canzoni costituisce poi un altro prezioso aiuto per l’ascoltatore.
Vi può essere una ripetizione di una sola frase oppure di due o
quattro identiche frasi alla fine di una strofa. Queste parti ripetute
sono chiamate forti poiché catturano facilmente l’attenzione e danno
una sintesi del messaggio della canzone. Di conseguenza, sin dal primo
ascolto, è possibile avere una comprensione globale del testo considerato
il fatto che questo non fa altro che ampliare quanto espresso in forma
concisa nel ritornello.
La ridondanza svolge infine anch’essa un ruolo molto importante nella
conversazione ed in particolar modo nelle canzoni. Essa consiste in tutto
quel complesso di informazioni che ci vengono fornite dalla situazione
o dagli altri codici extra e para linguistici che sottolineano le parti
rilevanti del discorso del locutore cosicché l’ascoltatore può
cogliere degli spunti al fine di elaborare le proprie ipotesi anche sugli
altri segmenti del discorso.
Ascoltatore presente ed attento dunque dovrà rivelarsi colui
che intenda cogliere il vero significato di una canzone, al quale si richiederà
comunque non solo un’approfondita analisi delle scelte verbali e musicali
sopracitate o dell’interpretazione della canzone da parte del cantante,
ma anche un recupero della dimensione storica e sociale delle canzoni,
aspetti che possono davvero rivelarsi fondamentali per garantirgli, insieme
alle altre componenti, pieno successo nel proprio compito.
Ed è proprio nel riconoscimento attuato dal nuovo approccio
comunicativo dell’importanza di tutte queste dinamiche presenti nel mutuo
scambio tra cantante ed ascoltatore attivo che ritroviamo la chiave per
una rivalutazione della canzone in campo glottodidattico, in termini di
accentuazione delle capacita di comprensione e produzione orali dei nostri
ascoltatori, gli ”alunni”.
Riferimenti bibliografici:
MURPHEY T, (1990), Song and Music in Language Learning: An analysis
of pop song and music in teaching English to speakers of other languages,
tesi non pubblicata, cortesia dell’autore.
LICARi A. (1983), Forme d’Ascolto e d’Interpretazione nella Moderna
Canzone Francese, Bologna, CLUEB.